UN TRENO PASSAVA
di Iaia (Gianmaria)
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Un treno passava una volta al mese in fondo alla valle vicino al paese. Di lì proseguiva per qualche giorno poi ripassava e per un mese, di nuovo si allontanava. Un bambino di sei anni affascinato senza sapere come se n'era innamorato. Aspettava quel giorno sognando il ritorno dell'unico treno che conosceva. Quel giorno guardava in continuazione un vecchio orologio da capostazione. Chiedeva alla gente ad ogni ora: quando arriva? a che ora? Ma il treno era strano con precisione nessuno sapeva quando passava nessuno sapeva se si fermava. Solo il giorno era certo il resto era vario le fermate, i vagoni, l'orario. A volte era lungo veloce o lento e si diceva che dipendeva dal macchinista. Se era allegro, correva se era triste, rallentava perché cercava un fiume, un prato dove altre volte s'era fermato. Poi ripartiva correva e fischiava e il fischio del treno in tutta la valle avvisava la gente che il treno arrivava. Così quel bambino alle rotaie si presentava stringeva i denti e quasi sembrava un po' sull'attenti. Fissava i fari e poi, vicino ai binari per tutto il tempo in cui il treno passava restava immobile e non fiatava. In punta di piedi, guardava dentro i vagoni se erano allegri i passeggeri ma sempre scopriva volti un po' seri seduti sul treno malvolentieri. Al loro posto, pensava come ogni bambino avrebbe guardato dal finestrino. Quando il treno si allontanava le lacrime agli occhi lo salutava. Finché un giorno sbuffando lieve davanti al bambino in mezzo alla neve il treno fermò. Così il bambino un po' a fatica con un cappottino sul treno salì. Per lo stupore d'esser partito con grande amore toccava tutto a tutti chiedeva quanto correva se si fermava ma soprattutto chi lo guidava. Che tipo era giovane o vecchio se non apriva la locomotiva. Nessuno lo sapeva perché nessuno aveva immaginato che anche il treno era guidato. Prima la gente si infastidiva ma poi man mano si incuriosiva e la domanda ormai dilagava chi lo guidava? Nelle curve disse qualcuno si può guardare la faccia dell'uomo che è in cima a guidare. |
Così ad ogni curva i passeggeri sporgevano fuori teste diverse tonde o quadrate coi capelli o pelate. Finché il bambino disse: l'ho visto ha gli occhiali da sole e un cappellino. Vuol darsi arie da gran signore qualcuno disse ma in fondo è solo un guidatore. Però di un treno rispose il bambino che lasciò quel vagone e proseguì l'esplorazione. Alla fine, emozionato capì che alla locomotiva era arrivato. Lì vide un uomo seduto in cima a uno sgabello con i braccioli di una poltrona: il macchinista, in persona. E' normale né magro né grasso né alto né basso è normale anche l'abito che sfoggia. Unica stranezza gli occhiali da sole in un giorno di pioggia. Dopo un momento si avvicina al bambino gli chiede qualcosa lui non capisce per l'emozione. Ma poi si ritrova su quella specie di seggiolone fra tante leve da far spavento e quando capisce che sta guidando è troppo contento per ringraziare e poi è il momento di manovrare. L'uomo lo aiuta guida le mani di quel bambino. Sopra gli scambi c'è più rumore ma soprattutto un po' di timore. In galleria, addirittura c'è vera paura. Dopo un'oretta di questa scuola durante la quale impara in fretta ecco il bambino gli occhiali da sole il cappellino. I passeggeri anche i più seri se vedono in curva un cappellino si chiedono solo chissà perché è diventato il macchinista così piccino. Il treno praticamente adesso fischia continuamente perché al bambino quand'era giù il fischio del treno era la cosa che piaceva di più e forse, chissà se il fischio smette anche il treno non va. Dopo qualche giorno il viaggio finì andata e ritorno. Tornato a casa a tutti diceva che lui aspettava il giorno del mese in cui il treno arrivava. Quando il treno arrivò il bambino salì e lo guidò. Così ogni mese il bambino felice lasciava il paese per il suo viaggio andata e ritorno per qualche giorno. A tutti diceva che saliva e guardava a nessuno diceva che saliva e guidava. |