Teledipendenza

di Marcello Argilli

Allo zoo tutti gli animali, chiusi nelle gabbie, piangevano la libertà.
Camminavano incessantemente su e giù per la gabbia, annusavano ovunque cercando un'apertura per fuggire, alcuni addirittura deperivano, perdevano il pelo e l'appetito e si accovacciavano intristiti, senza più muoversi.
Il direttore dello zoo ebbe un'idea. Che cosa fece? Li liberò? No, fece installare in ogni gabbia un televisione che trasmetteva programmi realizzati proprio per loro. Da quel momento la vita cambiò: tutti animali, senza più lamentarsi, cominciarono a seguire le trasmissioni con interesse. Erano documentari sulle savane, le giungle e i deserti da cui provenivano, e a tutti sembrava di viverci di nuovo.

Naturalmente le trasmissioni avevano effetti diversi: per antilopi e zebre i documentari sui leoni erano i film del terrore; per i leoni, quelli su antilopi e zebre erano "programmi aperitivi".
Insomma, tutti erano interessati ai programmi e trascorrevano la giornata davanti al video.
Il direttore volle fare di più: ideò degli sceneggiati che ebbero un enorme successo. Si intitolavano: "Come ingannare il cacciatore","Il giorno che mi mangiai il domatore", e altri ancora. Gli animali, sognando a occhi aperti, si immedesimarono nei protagonisti, battevano le zampe, facevano il tifo.
Per perfezionare la sua idea, il direttore commissionò una nuova serie di telefilm dal titolo "Com'è bello vivere in gabbia", nei quali si magnificava la bellezza della vita nello zoo, e quanto faceva bene alla salute, alla sicurezza e alla libertà.
A vederli, gli animali si commuovevano addirittura: - Eh, sì - dicevano siamo proprio fortunati a vivere in gabbia...