I sette svevi   

di Jakob e Wilhelm Grimm

C'erano una volta sette svevi: Sciulz, Giacomo, Marco, Giorgio, Michele, Gianni e Gigino. Insieme partirono in cerca di avventure. Poiché viaggiare era pericoloso, si fecero preparare una lancia, una sola ma molto lunga. Tenevano la lancia tutti e sette insieme: davanti Sciulz, il più coraggioso, dietro gli altri, fino a Gigino che chiudeva la marcia. Un giorno, un grosso calabrone si mise a ronzare rumorosamente in un prato, sbattendo le alucce. Sciulz, tremando per la paura, gridò: "Sento dei soldati che suonano il tamburo!". Giacomo che teneva la lancia dietro di lui disse: "Non c'è dubbio, sento l'odore della polvere e della miccia". Sciulz, fuggendo, saltò lo steccato ma ricadde sui denti di un rastrello e il manico lo colpì in piena faccia. "Ahi! Ahi! - gridò - mi arrendo!". Gli altri sei saltarono lo steccato uno dopo l'altro gridando: "Se tu ti arrendi, mi arrendo anch'io!". Alla fine, poiché non si vedeva in giro nessuno, capirono di essersi resi ridicoli e giurarono di non dire nulla. Proseguirono il loro viaggio e, dopo alcuni giorni, giunsero in un prato, ove una lepre stava all'erta con le orecchie dritte e i grandi occhi spalancati. I sette svevi, atterriti alla vista di quella spaventosa bestia, si consultarono: che fare? Se fossero fuggiti il mostro li avrebbe inseguiti e divorati tutti quanti. Allora pensarono: "Dobbiamo attaccar battaglia. Chi si mostra audace è già a metà strada verso la vittoria!". Tutti e sette presero la lancia, Sciulz in testa e Gigino in coda, ma Sciulz non osava avanzare, mentre Gigino dalla retroguardia gridava: "Forza! Uccidiamo quel mostro!". Ma Gianni: "Sei un bel fanfarone, strilli ma sei all'ultimo posto!". Michele allora gridò: "Amici, abbiamo a che fare proprio con il diavolo!". E Giorgio: "Se non è il diavolo, è almeno suo nipote o suo cugino!". Allora Marco ebbe un'idea: "Gigino, passa avanti e io ti seguirò!". Gigino fece finta di non sentire e Giacomo intervenne: "L'onore di guidare l'assalto tocca a Sciulz, il nostro eroe!". Allora, Sciulz raccolse il suo coraggio e disse: "Puntiamo la nostra lancia e facciamo vedere di cosa siamo capaci!". E insieme si lanciarono all'attacco. Ma Sciulz, più si avvicinava al nemico, più urlava di terrore: "Ahimè, la mia ultima ora è giunta!". La lepre, spaventata dalle urla, fuggì. "Perbacco! - gridò Sciulz - il diavolo è addirittura più furbo di quanto pensassi. Affronterebbe sei svevi; ma non sei svevi più uno Sciulz".
Ringalluzziti dall'impresa, i sette svevi ripartirono. Giunti sulla riva della Mosella, interrogarono un uomo per sapere se il fiume fosse profondo e se ci fosse un modo per raggiungere l'altra sponda. L'uomo, che era francese, non capiva una parola e chiedeva nella sua lingua: "Quoi? Quoi?". Sciulz capì: "Di qua!" e pensò che l'uomo gli indicasse il punto in cui il fiume si poteva attraversare a guado. Così, saltò nell'acqua, fu trascinato via dalla corrente e annegò.
Il suo cappello, spinto dal vento, raggiunse la riva opposta, un grillo vi balzò sopra e cantò: "Cri, cri, cri". Gli altri sentirono questa voce e dissero: "Sciulz ci sta chiamando, dice Qui! Qui!, attraversiamo!". Tutti e sei si lanciarono nell'acqua e nessuno fu più visto tornare in Svevia.