Il segreto del Colosseo

            da "Altre storie" di Gianni Rodari

Questa è una storia vera. Un passero cresceva in casa di un vigile urbano amico mio. Lo aveva trovato per terra presso il capolinea del 28 una mattina presto: doveva essere caduto dal nido, perché non sapeva volare.
Il vigile lo portò a casa, lo nutrì, gli fece il nido in un vecchio kepì di sughero, di quelli che i vigili portano d’estate. Lo chiamò Sasà e gli voleva un gran bene.
Anche il passero gliene voleva. Per esempio, se squillava il campanello e qualcuno entrava in casa, il passero continuava tranquillamente a fare quel che stava facendo: passeggiare sotto il tavolo, becchettare in cucina, esplorare sotto i mobili; ma se entrava il vigile, il passero correva alla porta cinguettando per dargli il benvenuto. Quando la famiglia andava a tavola, il passero s’accoccolava vicino al piatto del vigile e gli beccava i piselli dello spezzatino.
Il vigile aveva un bambino di nome Roberto. Anche Roberto voleva bene al passero e il passero gli voleva bene, ma non come al padre.
Una mattina Sasà fu trovato morto e Roberto scoppiò in lacrime.
- Non piangere, - gli disse il padre. – Ora mettiamo Sasà in questa scatoletta. Tu sta’ attento che nessuno lo tocchi, e dopo pranzo lo portiamo a seppellirlo.
Alle due il vigile tornò dal suo lavoro; pranzò con la famiglia, poi, siccome aveva mezza giornata di libertà, prese Roberto per mano, si mise in tasca la scatoletta con il povero Sasà e uscì. Prima però aveva involtato la scatoletta in un robusto foglio di carta da zucchero e l’aveva legata con uno spago in croce.
- Vieni, - disse a Roberto.
- Dove lo portiamo? - domandò il bambino. – Al cimitero?
- No, là non ce lo lasciano mettere. E poi è un passero: sotto terra non ci starebbe bene.
- Allora dove?
- Vedrai, - disse il vigile.
Montarono su un filobus; scesero in centro; aspettarono un autobus e con questo arrivarono fino in piazza del Colosseo.
Roberto non aveva mai visto il Colosseo e gli parve così grande che non ci stava negli occhi.
Padre e figlio entrarono al Colosseo, fecero il giro della vasta arena su cui un tempo combattevano leoni e gladiatori, salirono sulla prima galleria dove c’è il palco dell’imperatore, salirono sulla seconda galleria e poi sul terrazzino più alto. Di lassù si vedeva tutto l’interno del Colosseo e si respirava un’aria così forte che dava le vertigini.
Il vigile si guardò attorno per assicurarsi che i guardiani non lo stessero spiando; poi si tolse la scatoletta di tasca, la infilò in una fenditura tra due massi e la ricoperse di terriccio e di calcinacci grattati lì intorno.
Ogni volta che vado al Colosseo mi fermo a guadare i turisti di tutto il mondo che scattano fotografie e si fanno spiegare dai ciceroni i gladiatori, i leoni, i cristiani, gli imperatori, e via dicendo.
E mi viene un po’ da ridere a pensare che la cosa più curiosa e gentile di tutto il Colosseo, che è così grosso e così vecchio, è un piccolo passero sepolto lassù lassù nella sua scatoletta avvolta nella carta da zucchero.
In ogni cosa c’è sempre un piccolo segreto che i ciceroni non conoscono.