| Sta un po' appartato il mite Celestinoangelo docile bello e piccino
 mentre Michele dai biondi capelli
 scaccia Lucifero e gli altri ribelli.
 "Non ho neppure uno scudo e una spada,
 come potrei spalancarmi la strada
 tra questi prodi valenti guerrieri
 dal braccio forte e dagli sguardi fieri?"
 Celestino non è che spettatore,
 benché lo animi un vero santo ardore,
 della grande battaglia in paradiso
 che, conclusa, lo muove a un bel sorriso.
 Di lì a poco gli suscita stupore
 l'opera portentosa del Creatore
 che plasma cielo e stelle, sole ed astri
 e le comete, lunghi argentei nastri.
 Per completare poi la sua creazione
 affida il Dio del cielo una missione
 ad angeli che vanno lesti e arditi
 a eseguire il da far tutti compìti.
 Colosso va e solleva le montagne,
 Prato colora in verde le campagne,
 Scroscio e Bufera, lieti e sorridenti,
 portano acqua al mare e nei torrenti.
 C'è poi Colore che non è da meno
 nel far splendere in ciel l'arcobaleno
 e Polvere che accumula la creta
 perché, della creazione ultima meta,
 Dio plasmi l'uomo, suo capolavoro,
 ed abbia alfin riposo e un po' ristoro.
 L'opera Celestino ammira tutta
 ma rimane piuttosto a bocca asciutta;
 pensa infatti sovente: "Perché Iddio
 non ha voluto un contributo mio
 nell'aiutarlo in qualche operazione
 della grande stupenda sua creazione?"
 E mentre pensa è attento testimone
 dell'uomo che, caduto in tentazione,
 per superbia determina il suo male
 commettendo il peccato originale.
 Ma avendo Iddio promesso un Redentore
 che in perdono tramuti il primo errore
 attende Celestino con pazienza
 l'attuarsi di tanta provvidenza.
 Quando poi si moltiplicano in terra
 uomini intraprendenti in pace e in guerra
 assegna Dio - a Lui sia sempre lode -
 a ciascun uomo un angelo custode.
 "Chi sa se pure io potrò vegliare
 su un uomo che sia bello accompagnare
 attraverso le prove della vita
 a vincere con gioia la sua partita;
 piccolo sono - pensa Celestino -
 ma qualcosa per me l'Amor divino
 avrà pur riservato perché anch'io
 possa operando dare gloria a Dio".
 Stabilisce però l'Onnipotente,
 che è padre generoso e assai prudente,
 che Celestino accresca la sua lode
 sol facendo a una stella da custode.
 Passano secoli, volano millenni;
 molti incarichi Iddio, con pochi cenni,
 affida agli angeli che in molti modi
 lo servon da cantori o da custodi.
 Tutti, ma non il mite Celestino
 che è sempre lì nel suo bell'angolino
 con la piccola stella tra le braccia
 a far sereno ciò che al Padre piaccia.
 Frattanto il giorno sempre più s'appressa
 del compimento della gran promessa
 che giunge infine: sopra una capanna,
 pronti son gli angeli a cantare osanna;
 risuonerà la lieta melodia
 e con garbo la Vergine Maria
 deporrà il Bimbo in una mangiatoia
 di tremore ricolma eppur di gioia.
 Pronto è Giuseppe, pronta è la sua sposa,
 pure a Michele par manchi qualcosa;
 riflette alquanto, poi si rende conto:
 "Ora so ben perché non tutto è pronto!
 Manca una stella sopra la capanna!"
 Per questo trafelato ancor s'affanna
 a chiedere al Creatore quale sia
 l'astro che ai Magi indicherà la via.
 E Dio risponde: "Va' da Celestino!"
 Al che Michele, fatto un bell'inchino,
 va a risvegliare dalla lunga attesa
 l'angelo destinato a grande impresa:
 "E' giunta, Celestino, la tua ora!
 Abbandona l'antica tua dimora
 e vola con la stella incandescente
 là dove all'uomo Dio si fa presente!"
 E così Celestino, di gioia pieno,
 vola verso la grotta e in un baleno
 vi giunge con la stella tra le braccia
 lasciando in cielo luminosa traccia.
 I magi, d'oro carichi e di gemme,
 vedon la stella là, verso Betlemme:
 "E' apparso un astro che non ha l'eguale;
 è nato il Re dei Re, questo è il segnale!"
 - dice il primo - ed un altro: "Mi par saggio
 affrontare persino un lungo viaggio;
 abbiamo infatti tutte le ragioni
 per visitarlo e offrirgli i nostri doni".
 
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