Un'esplosione nella notte     

di Maurizio Di Dio Busa

Tre solitarie figure si muovono con circospezione. Intorno a loro la notte è gelida, per buona sorte una luna grossa e piena non li lascia al buio.
- Tu ci credi? - esclama l’uomo con la pelle d’ebano
- Io devo crederci! - risponde il suo compagno col mento ornato da una folta, nerissima e ben curata barba
- E tu? - rivolto, con un sorriso che la pelle così nera fa sembrare così bianco, verso un altro compare.
- Io lo so - risponde il terzo uomo aggiustandosi il copricapo per non sentire troppo il freddo.
Il cielo orientale sopra di loro è così carico di stelle da far impallidire le luci di qualsiasi sfavillante città.
- Il freddo si fa pungente, andiamo allora; il piano lo conosciamo ormai bene tutti e tre vero?
Senza aspettare risposta, l’uomo dalla pelle scura s’incammina e il rumore dei suoi piedi, sui frammenti di selci di quello che forse un tempo poteva essere stato un sentiero, scandisce i suoi passi ai quali fanno eco e coro il rumore del cammino dei suoi compagni.
- Il piano?  - pensa fra sé e sé l’uomo barbuto.
- Noi non abbiamo un piano, stiamo andando allo sbaraglio - ma senza dir nulla continua a camminare.
”Un piano?” pensa l’uomo col capo coperto “non sapevo che ne avessimo uno, io so solo che ci è stato detto di procedere in questa direzione fino a raggiungere l?obiettivo, di non ascoltare nessun altro ordine se non quello di arrivare al bersaglio e che questo ci sarebbe stato segnalato al momento opportuno”.  Scuotendo la testa torna ad ascoltare il rumore dei suoi passi sul selciato come compagnia dei suoi pensieri.
All’improvviso, l’informe ombra nera di un folto gruppo di soldati si staglia all’orizzonte di fronte a loro.
- Presto! Svelti! cambiamo direzione, non dobbiamo né farci trovare né scontrarci con loro, li dobbiamo semplicemente evitare. - Pelle d’ebano fa segno agli altri di seguirlo e i tre si mettono a correre in direzione opposta ai soldati. Corrono come possono ingombrati dalle bisacce che portano sulla schiena e intorno alla cintura. Senza essere visti, superato un leggero colle, scorgono ai piedi di quest’ultimo una piccola folla radunata come in difesa di un basso edificio circondato da un blando recinto. Improvvisamente nel cielo una luce abbagliante solca il nero della notte sopra le loro teste. Sembra raggiungerli, colpirli. Tutti e tre si gettano a terra, le mani sopra la testa, la faccia nella polvere, il cuore in gola e gli occhi al cielo. Le orecchie tese a sentire il passaggio della scia,
la luce li raggiunge, sibilando, facendoli tremare di paura, li supera e punta sull’edificio terrorizzando la piccola folla. Ma invece di esplodere si ferma a mezz’aria, sospesa, poi come venuta svanisce senza lasciare traccia di sé.
I tre si alzano spolverandosi i vestiti e sospirando. Tutti e tre avanzano verso la gente, aprono il loro carico. Il gruppo di persone è allarmato, Gaspare si liscia la barba e sorride agli altri due. Aprono le loro bisacce e prendono il carico dalle loro cinture, gli uomini e le donne presenti li guardano intimoriti. I tre depositano a terra i loro doni. Baldassare e Melchiorre sussurrano: - Siamo arrivati.

E la notte si anima.