Il sogno di Giuseppe
di Gregorio Curto

A Nazaret, ridente cittadina,
poiché è al lavoro fin dalla mattina,
sereno e stanco va tutte le sere
a riposar Giuseppe il carpentiere.

E’ duro lavorar ma è pure bello
in un tavolo, un letto o uno sgabello
l’opera proseguire con passione
che l’Altissimo avviò con la creazione.

“Così è trascorsa – lode a Dio sia data –
nella letizia tutta la giornata;
una cena frugale, un po’ di vino
e appoggerò la testa sul cuscino”.

Recita una preghiera e poi riposa,
avendo in cuor la sua promessa sposa,
Giuseppe, del Re David discendente
stimato quanto mai dalla sua gente.

Ma il dolce sonno – ahimè – si fa agitato
per l’accader di un sogno inaspettato:
qualcuno a lui non noto, bello in viso,
gli si pone dinanzi all’improvviso.

Ha un gesto austero, un abito elegante,
una voce sommessa ma squillante
e gli pronuncia, perché Iddio lo vuole,
concitate insondabili parole.

“Giuseppe, tu sei un uomo giusto e pio,
sei laborioso e assai gradito a Dio;
Maria sarà, ma non per te, la madre
di un bel bambino al qual farai da padre.

Non temere perciò prenderla accanto
poiché lo Spirto di Colui che è Santo
in modo che comprender non è dato
questo grande prodigio ha in lei operato”.

Giuseppe, al primo albore, già si desta;
in lui che solo e pensieroso resta,
vivo stupore, grande meraviglia
suscita questo sogno che consiglia
di accogliere Maria, mentre lo invita
a un grande sacrificio, ad una vita
ben diversa da quella che in passato
si era con lei da tempo immaginato.

“E’ certo per un bene assai maggiore
che una rinuncia chiede a me il Signore:
realizzerò non il progetto mio
ma quello che è il voler del sommo Dio”.

Così pensa Giuseppe e si dispone
con umiltà a compir la sua missione;
di Gesù, che ha in Maria la vera madre,
egli sarà soltanto “ombra del Padre”. 

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Factum infectum fieri nequit, non si può far sì 
che una cosa che è accaduta non sia accaduta. 
Come il Signore, che è venuto e ha piantato 
il suo chiodo in questo mondo, e anche se tutti gli uomini 
diventassero distratti e sputassero addosso all’Annuncio, 
Lui oramai è venuto!

(don Giussani, da una meditazione del 1973)